Questo articolo lo scrivo con il cuore e parlando in prima persona perché l’argomento mi coinvolge molto.
Le mie origini cinofile nascono proprio dal CANILE. Quando si parla di canile si parla di galera, di cani sfortunati, di cani problematici ed irrecuperabili e chi più ne più ne metta. Io quando parlo di canile parlo di formazione professionale e parlo allineando cuore e testa.
L’allineamento cuore-testa (e non il contrario) mi permette di mantenere un perfetto equilibrio fra ciò che faccio e ciò che farei.
Ho intitolato un mio seminario, dal quale prenderà il nome il mio prossimo libro, “IL CANILE COME OCCASIONE PER UNA NUOVA VITA“.
La visione pietistica mi porterebbe a vedere il cane in canile come un poverino, come uno sfigato, come un soggetto emarginato mentre io vedo una nuova occasione per entrare in una nuova famiglia, addirittura, migliore della prima. La prima visione dirigerebbe il mio lavoro consulenziale esclusivamente a gestire la quotidianità del cane mentre io voglio puntare il mio obiettivo a formare il cane e il personale che lavora nella struttura sia esso dipendente o volontario.
Una visione etica e bilanciata consente di impiegare risorse nelle attività gestionali quotidiane e in attività formative per il cane e per i volontari.
Se un volontario sa come parlare con la gente, lavorare con il cane, intuire i suoi bisogni l’adozione diventa mirata e duratura nel tempo.
La foto sopra ritrae me e una allieva del seminario durante la pratica dell’insegnamento dell’uso del guinzaglio. A cosa serve? Se un cane, durante la passeggiata quotidiana, impara anche a camminare al guinzaglio senza tirare la sua possibilità di uscire per sempre dal canile aumenta del 40%. Fare formazione all’interno del canile è un obbligo morale perché permette di avere due enormi benefici: l’adozione veloce e duratura del cane e il lavoro in sicurezza.
Lavorare in sicurezza vuol dire avere personale, seppur volontario, formato ad ottimizzare i tempi, le risorse e gli spazi presenti nel canile.
Attività di formazione per il personale del canile sono un mezzo potentissimo per rendere la struttura unica nel suo genere e per garantire ai cani un “soggiorno” piacevole nel canile.
Saper gestire un approccio, saper interrompere un’interazione sono competenze che trasmettono all’operatore il concetto di welfare distogliendo, come spesso accade, dalla visione pietistica del cane imprigionato.
Non dico di arrivare al parco canile perché ,purtroppo, molte associazioni si autofinanziano e i soldi devono essere razionalizzati in funzione delle priorità.
Lavorare in canile non vuol dire solo far pulizie e/o passeggiare il cane ma vuol dire rendere la sua permanenza nella struttura piacevole e formativa nonostante le poche risorse.
Fare attività di ricerca, proporre attività ludico-sportive aumenta le capacità di apprendimento del cane stesso e di conseguenza la probabilità che esca dal canile.
Il canile può diventare una struttura funzionale con pochi sforzi.